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La
Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza in
commento, ha stabilito che, in merito alla graduatoria per il passaggio
dei lavoratori da part-time a full-time, ai sensi dell’art.5,
co.2, D.Lgs. n.61/00, si deve dare precedenza ai lavoratori con
maggiori carichi familiari, intendendosi coloro che hanno condizioni
patrimoniali più svantaggiose e non chi ha maggior numero di
figli.
In ottemperanza alla ratio della norma, che è quella di
preferire chi ha più bisogno di incrementare il reddito, si deve
prendere in considerazione il carico fiscale, che rappresenta la
concreta condizione del singolo lavoratore. Il numero dei figli,
infatti, non denota le effettive condizioni economiche e patrimoniali
del nucleo familiare.
La Società è stata quindi condannata al risarcimento in
favore della lavoratrice ricorrente, in quanto nella graduatoria era
stato preferito un collega con più figli, ma con condizioni
patrimoniali più vantaggiose.
In
merito ai vizi di forma e di notificazione degli avvisi di addebito
INPS, la Corte di Cassazione ha statuito che l’eventuale ricorso
va proposto entro il termine di 20 giorni (rispetto a quello ordinario
di 40 giorni), che decorre dalla richiesta dell’Istituto con
raccomandata postale o tramite Pec.
La Suprema Corte, con la sentenza di commento, ha sottolineato che, in
caso di deposito del ricorso in opposizione all’avviso di
addebito al giudice competente del lavoro oltre il suddetto termine, le
eccezioni formali sull’atto dell’INPS e sulle
modalità della sua notificazione vanno considerate tardive e non
possono essere più riproposte.
Secondo
la Corte di Cassazione non sussistono gli estremi del risarcimento per
mobbing nei confronti del dipendente cui non viene assicurato il
diritto alle ferie a causa del sovraccarico di lavoro, a nulla
rilevando la presenza di una perizia medica che evidenzia una lesione
psico-fisica riconducibile alle vicende del rapporto di lavoro.
In particolare la Suprema Corte, con la sentenza in commento ha
rilevato la mancata prova da parte del lavoratore delle persecuzione
nei suoi confronti, ribadendo che per la configurabilità del
mobbing devono ricorrere una serie di comportamenti persecutori che,
con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima
in modo sistematico e prolungato nel tempo, direttamente dal datore di
lavoro o da un suo preposto o da altri dipendenti, sottoposti al potere
direttivo dei primi.
La
Corte di Cassazione ha statuito l’illegittimità del
provvedimento espulsivo per superamento del periodo di comporto nei
confronti del lavoratore che, al termine dell’aspettativa non
retribuita, usufruisce dei benefici della legge n. 104/92 e non si
presenta in azienda.
Nello specifico la Suprema Corte ha precisato che la fruizione dei
permessi dovuti alla disabilità non presuppone un previo rientro
in servizio dopo un periodo di assenza per malattia o aspettativa, ma
esclusivamente l’attualità del rapporto lavorativo.