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Con sentenza n. 18488 del 21 marzo 2016, la Corte di Cassazione, in merito alla falsificazione di F24, ha affermato che “Considerato che il modello F24 costituisce attestazione del pagamento, avvenuto alla presenza del dipendente della banca delegata, e del conseguente adempimento dell’obbligazione tributaria, con efficacia pienamente liberatoria, la falsità realizzata su tale documento integra il contestato reato di cui all’art. 476 c.p. Posto che la copia riservata all’ufficio tributario e quella rilasciata al contribuente costituiscono due parti sostanzialmente identiche del modello, e che il documento destinato al contribuente ha di per sé funzione di quietanza del pagamento con efficacia liberatoria, non vi è alcuna ragione per differenziare la qualificazione giuridica dei due atti, laddove entrambi documentano, con pari efficacia nei confronti dei terzi, il compimento di un’attività svolta in presenza del funzionario che vi appone le attestazioni, ossia l’avvenuto pagamento dell’imposta”.
La Corte di Cassazione ha ritenuto applicabile l’articolo 2112 del Codice civile, riguardante il mantenimento dei diritti dei lavoratori in caso di trasferimento d’azienda o di ramo di essa, anche nell’ipotesi in cui la cessione abbia a oggetto solo un gruppo di dipendenti, purché dotati di particolari competenze e che siano stabilmente coordinati e organizzati tra loro, così da rendere le loro attività interagenti e idonee a tradursi in beni e servizi ben individuabili.
In
materia di licenziamento, la Corte di Cassazione ha affermato che
l’obbligo di repechage in capo al datore di lavoro deve ritenersi
esistente laddove siano disponibili, all’interno
dell’azienda, posizioni con contenuti professionali compatibili
con la professionalità del lavoratore interessato al
licenziamento per giustificato motivo oggettivo.
Nella sentenza in commento i giudici hanno confermato il licenziamento
per motivi economici di una segretaria di un hotel, nonostante
l’esistenza di una posizione libera come cameriera ai piani che
la stessa sarebbe stata disposta ad accettare per evitare il
licenziamento: il datore di lavoro, infatti, non viola l’obbligo
del tentativo di repechage, in quanto i contenuti professionali della
posizione libera sono ritenuti non omogenei rispetto al bagaglio
professionale della lavoratrice.
La
Sezione Lavoro della Corte di Cassazione ha affermato che, in tema di
licenziamento, ove il lavoratore venga raggiunto da due diverse
comunicazioni di licenziamento, il primo intimato per giustificato
motivo oggettivo e il secondo intimato per giusta causa, il secondo non
può considerarsi illegittimo, poiché, anche in assenza di
revoca dell'originario recesso, il datore di lavoro può
intimarne un altro, senza che ciò comporti la violazione del
principio di immodificabilità del motivo di licenziamento.
Nella sentenza in oggetto gli ermellini ravvisano che una tale
violazione è riscontrabile soltanto quando venga intimato un
secondo recesso per fatti già verificatisi anteriormente
all'intimazione del primo.