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Assegnazione a mansioni inferiori: quando è possibile
Corte di Cassazione, sentenza n. 8910 del 29 marzo 2019
La
Corte di Cassazione, con sentenza del 29 marzo 2019, n. 8910, si
è pronunciata in merito alle condizioni in presenza delle quali
è possibile adibire il lavoratore a mansioni inferiori a quelle
rientranti nella propria categoria di appartenenza.
In particolare viene chiarito che l'attività prevalente ed
assorbente svolta dal lavoratore deve rientrare tra quelle previste
dalla categoria di appartenenza. Il lavoratore, solo per motivate e
contingenti esigenze aziendali, può essere adibito a compiti
inferiori purché marginali rispetto a quelli propri del suo
livello.
Nel caso di specie, è stato ritenuto illegittimo lo svolgimento
- da parte di lavoratrici addette alla vendita, inquadrate al quinto
livello del c.c.n.l. commercio - di mansioni di pulizia, effettuate non
in via occasionale, ma in maniera programmata, secondo un turno
aziendale, benché la Job description prevedesse "all'occorrenza"
lo svolgimento delle richiamate mansioni.
Revocabile l’auto aziendale assegnata al dipendente
Corte di Cassazione, sentenza n. 11538 del 2 maggio 2019
La
Corte di Cassazione, con sentenza n. 11538 del 2 maggio 2019, ha
confermato la revocabilità dell’auto aziendale ad un
dipendente che, per regolamento aziendale, l’aveva ricevuta
nell’esclusivo interesse dell'azienda, così da poter
essere revocata dalla datrice di lavoro in qualsiasi momento e senza
preavviso, senza diritto per il dipendente ad alcun indennizzo o
compenso sostitutivo e con addebito in busta paga, al 30 giugno e al 31
dicembre di ogni anno, del costo relativo all'uso personale
dell'autoveicolo.
La Corte ha chiarito che tale schema contrattuale non configura un
compenso in natura e legittima la revoca unilaterale da parte del
datore di lavoro.
Pensione integrativa e trattamento fiscale
Corte di Cassazione - sez. tributaria, ordinanza n. 12154 dell'8 maggio 2019
La
Corte di Cassazione, con ordinanza dell’8 maggio 2019 n. 12154,
si è pronunciata in merito al trattamento fiscale del capitale
che un fondo di previdenza complementare per il personale di un
istituto bancario effettua in favore di un ex dipendente, in forza di
accordo risolutivo di ogni rapporto inerente al trattamento
pensionistico integrativo in godimento (cd. "zainetto").
Tale prestazione, costituisce, ai sensi del Decreto del Presidente
della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 6, comma 2, reddito della
stessa categoria della "pensione integrativa" cui il dipendente ha
rinunciato e va, quindi, assoggettato al medesimo regime fiscale cui
sarebbe stata sottoposta la predetta forma di pensione.
La base imponibile su cui calcolare l'imposta é costituita
dall'intera somma versata dal fondo, senza che sia possibile defalcare
da essa i contributi versati, in quanto, ai sensi del Decreto del
Presidente della Repubblica n. 917 del 1986, articolo 48, lettera a)
(nel testo in vigore fino al 31 dicembre 2003), gli unici contributi
previdenziali e/o assistenziali che non concorrono a formare il reddito
sono quelli versati in ottemperanza a disposizioni di legge.
L’una tantum per il trasferimento non ha natura risarcitoria
Corte di Cassazione, ordinanza n. 11436 del 30 aprile 2019
La
Corte di Cassazione, con ordinanza n. 11436 del 30 aprile 2019, si
è pronunciata in merito al trattamento fiscale delle somme
erogate una tantum in ipotesi di trasferimento, confermandone la natura
retributiva e non risarcitoria.
In particolare, il ricorrente riceveva un'indennità una tantum
in ragione del suo trasferimento lavorativo da Parma a Bologna. Su tale
somma il datore di lavoro tratteneva e versava le relative imposte
nell'aliquota propria del rapporto di lavoro subordinato. Il
contribuente ne richiedeva il rimborso, affermandone la natura
risarcitoria per il disagio patito in ragione del trasferimento di
sede, mentre l'Ufficio resisteva affermando trattarsi di voce
retributiva aggiuntiva, pertanto attratta al regime fiscale ordinario.
Omissione contributiva e natura delle somme aggiuntive
Corte di
Cassazione, ordinanza n. 12533 del 10 maggio 2019
La
Corte di Cassazione, con ordinanza del 10 maggio 2019 n. 12533, ha
chiarito la natura delle somme aggiuntive spettanti all’INPS in
ipotesi di omesso o ritardato versamento dei contributi previdenziali.
L'obbligazione relativa a dette somme ha natura di sanzione civile e
non amministrativa, costituendo una conseguenza automatica
dell'inadempimento o del ritardo, legalmente predeterminata. Ne
consegue che le somme aggiuntive:
- hanno la stessa natura giuridica dell'obbligazione principale e restano soggette al medesimo regime prescrizionale;
- si applicano automaticamente in caso di mancato o ritardato pagamento di contributi o premi assicurativi;
- consistono in una somma ex lege predeterminata il cui credito sorge
alla scadenza del termine legale per il pagamento del debito
contributivo.
INPGI: valenza probatoria del verbale ispettivo
Corte di
Cassazione, sentenza n. 9866 del 9 aprile 2019
La
Corte di Cassazione, con sentenza n. 9866 del 9 aprile 2019, si
è pronunciata in merito alla valenza probatoria del verbale
ispettivo redatto dall’INPGI in una causa di riconoscimento di
rapporto di lavoro giornalistico con relativa richiesta di contributi e
sanzioni.
In particolare, è stato ribadito che, essendo l’INPGI
l’attore, cioé colui che esercita una pretesa, è
onerato di provare il proprio assunto (vale a dire la natura
subordinata dei rapporti di lavoro) e tale prova non è
desumibile dai verbali ispettivi né dalle dichiarazioni rese da terzi.
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