|
Licenziamento collettivo e rispondenza al vero dei motivi del licenziamento
Corte d’Appello di Trento, sentenza n. 60 dell’11 ottobre 2018
La
Corte d’Appello di Trento, con sentenza n. 60 dell’11
ottobre 2018, si è pronunciata in merito alla conseguenze
derivanti, in ipotesi di licenziamento collettivo ex lege 223/91, dalla
indicazione di motivi non veritieri posti alla base della riduzione di
personale.
In linea generale la Corte ribadisce il principio di
insindacabilità delle ragioni poste alla base del licenziamento,
precisando che il giudice ha comunque il potere di rilevare la
veridicità e non difformità delle ragioni poste alla base
del licenziamento.
La non veridicità delle circostanze dichiarate per una riduzione
del personale determina contestualmente la mancanza di prova dei
presupposti di fatto che legittimano l’accesso alla procedura, la
vanificazione della procedura rispetto al fine che deve perseguire e la
mancanza di nesso causale fra le ragioni di riduzione del personale
dichiarante e i singoli licenziamenti, con conseguente
illegittimità di questi ultimi.
Licenziamento del dirigente: vizio di motivazione e mancata allegazione del CCNL
Corte di Cassazione, sentenza n. 31318 del 4 dicembre 2018
La
Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 31318 del 4 dicembre 2018, ha
dichiarato l’illegittimità del licenziamento di una
dirigente per crisi aziendale addetta al settore marketing in quanto
non risultava dimostrata in giudizio né l’esistenza di una
crisi aziendale, né tantomeno il calo del fatturato.
Ciò anche in considerazione dell’assunzione successiva di
un’altra dirigente addetta alle stesse mansioni della dirigente
licenziata.
Si segnala in questa sede anche, fra le ragioni del rigetto del
ricorso, il mancato deposito del c.c.n.l. e la mancanza di ogni
indicazione di dati essenziali al suo reperimento nell'ambito delle
produzioni di parte del giudizio di merito.
Congedo straordinario per il figlio non ancora convivente con il genitore disabile
Corte Costituzionale, sentenza n. 232 del 7 dicembre 2018
La
Corte Costituzionale, con la Sentenza n. 232 depositata il 7 dicembre
2018, ha sancito l’illegittimità dell’art. 4, comma
5, del D.Lgs n. 151/2001 nella parte in cui non include nel novero dei
soggetti legittimati a fruire del congedo ivi previsto il figlio che,
al momento della presentazione della richiesta del congedo, ancora non
conviva con il genitore in situazione di disabilità grave.
Anche il figlio può usufruire di tale congedo purché
instauri la convivenza successivamente alla richiesta del beneficio e
laddove manchino gli altri soggetti deputati all’assistenza del
familiare portatore di handicap.
Prescrizione dei contributi e relativa eccezione in appello
Corte di Cassazione, ordinanza n. 31345 del 4 dicembre 2018
Con
l’Ordinanza n. 31345 del 4 dicembre 2018 la Corte di Cassazione,
si è pronunciata in merito alla decadenza dall’eccezione
di prescrizione dei contributi previdenziali.
Nella materia previdenziale, a differenza che in quella civile, il
regime della prescrizione già maturata è sottratto alla
disponibilità delle parti; detto principio vale per ogni forma
di assicurazione obbligatoria. La relativa eccezione non rientra,
quindi, fra quelle la cui proposizione per la prima volta in appello
è vietata (art. 437 c.p.c.). Il divieto di nuove eccezioni in
appello concerne soltanto l’eccezione in senso proprio relativa a
fatti impeditivi, modificativi o estintivi del diritto fatti valere in
giudizio, non rilevabili d’ufficio e non può quindi
inerire all’eccezione di prescrizione in discorso.
Sostituto d’imposta e responsabilità solidale del sostituito
Corte di Cassazione – sez. Tributaria n. 31742 del 7 dicembre 2018
Con
sentenza n. 31742 del 7 dicembre 2018 la Corte di Cassazione ha rimesso
alle sezioni unite una questione inerente il contrasto sulla natura
solidale dell’obbligazione del sostituito d’imposta nei
confronti dell’Amministrazione finanziaria rispetto al dovere del
sostituto di effettuare la ritenuta d’acconto.
Sul tema si registrano, infatti, due distinti orientamenti:
- il primo (per cui non la Corte non vede ragioni per discostarsi)
secondo cui il fatto che il sostituto di imposta sia definito ex art.
64, comma 1, del d.P.R. n.600 del 1973 come colui che, in forza di
legge, è obbligato al pagamento di imposte in luogo di altri,
non toglie che anche il sostituito debba ritenersi fin dall'origine
obbligato solidale al pagamento dell'imposta, sicché anch'egli
è soggetto al potere di accertamento ed a tutti i conseguenti
oneri, fermo restando il diritto di regresso secondo chi sta su questo
versante;
- il secondo prevede che il sostituto è tenuto ad adempiere a
tutti gli obblighi sostanziali propri del sostituito, ed a subire le
conseguenze dell'attività dell'Amministrazione Finanziaria, che
dovrebbero avere ordinariamente come destinatario il debitore
principale, se non operasse in via eccezionale la prevista
sostituzione. Il sostituto è quindi "protagonista del fatto
imponibile" per cui nella fase accertativa del tributo è esclusa
la solidarietà tra sostituto e sostituito. Questa fase deve
necessariamente svolgersi nei confronti del sostituto, in capo al quale
matura solo successivamente il diritto di rivalsa.
TFR e trattamento fiscale
Corte di Cassazione – sez. Tributaria n. 10243 del 27 aprile 2018
La
Corte di Cassazione – sezione tributaria, con sentenza del 27
aprile 2018, n. 10243 si è pronunciata in tema di tassazione del
TFR.
Ha precisato che l'acconto sulle imposte dovute sui trattamenti di fine
rapporto dei dipendenti (art. 3, c. 211, L. 662/96) è una forma
di imposizione straordinaria avente contenuto di mero anticipo, posta a
carico dei sostituti d'imposta, sicché questi ultimi, per il
recupero dello stesso, oltre ad utilizzare il previsto credito
d'imposta, possono presentare istanza ex art. 38, comma 1, del d.P.R.
n. 602 del 1973, poiché l'esclusione del rimborso determinerebbe
un illegittimo pregiudizio per la sfera patrimoniale del datore di
lavoro e, al contempo, un indebito arricchimento per l'Erario.
|
|