Arlati Ghislandi
newsletter
MAGGIO 2015
Arlati Ghislandi
Studio Arlati Ghislandi
Milano - corso G. Matteotti, 7
tel. +39 0254118656
Roma - piazza G. Mazzini, 27
tel. +39 0698386285

studio@arlatighislandi.it
www.arlatighislandi.it
blog.arlatighislandi.it
GiurisprudenzaScarica PDF
Specificità nella contestazione disciplinare
Cassazione n. 9615 del 12 maggio 2015

La Corte di Cassazione afferma che la previa contestazione dell’addebito, necessaria in funzione dei licenziamenti qualificabili come disciplinari, ha lo scopo di consentire al lavoratore l’immediata difesa e deve conseguentemente rivestire il carattere della specificità. Tale peculiarità risulta integrata quando sono fornite le indicazioni necessarie ed essenziali per individuare, nella sua materialità, il fatto o i fatti nei quali il datore di lavoro abbia ravvisato infrazioni disciplinari o comunque comportamenti in violazione dei doveri di cui agli artt. 2104 e 2105 c.c. e il relativo accertamento costituisce oggetto di un’indagine di fatto, incensurabile in sede di legittimità, salva la verifica di logicità e congruità delle ragioni esposte dal giudice di merito.

Mobbing – risponde per colpa il datore di lavoro 
Cassazione n. 10037 del 15 maggio 2015

La Cassazione ha affermato che le attività vessatorie, che sforano nel mobbing, commesse da un superiore gerarchico nei confronti di un sottoposto, non liberano da responsabilità il datore di lavoro. Nei confronti di quest’ultimo infatti incombono gli obblighi di cui all'art. 2049 c.c., a meno che non venga dimostrato di aver adottato tutte le misure necessarie ad eliminare il compimento delle iniziative vessatorie.
Nella specie, la Corte ha sottolineato che, "la durata e le modalità con cui è stata posta in essere la condotta mobbizzante, quale risulta anche dalle prove testimoniali, sono tali da far ritenere la sua conoscenza anche da parte del datore di lavoro, che l'ha comunque tollerata".
A fronte di ciò se il datore di lavoro rimane inerte di fronte a tale comportamento diventa colpevole, alla stregua del soggetto che ha commesso materialmente gli atti vessatori, al fine del risarcimento dei danni sul piano psico-fisico sopportati dal dipendente.

Licenziamento per il rifiuto al trasferimento presso la sede distaccata dell’azienda
Cassazione n. 10468 del 21 maggio 2015

In tema di licenziamento per giusta causa, la Corte di Cassazione ha statuito la legittimità del provvedimento espulsivo nei confronti del dipendente che rifiuta di trasferirsi presso la sede distaccata dell’azienda, a nulla rilevando i cambiamenti di mansioni assegnate ed il conseguente demansionamento. Il lavoratore non può legittimamente rifiutarsi di adempiere l'obbligo di prendere servizio presso il luogo del distacco e rendere la prestazione lavorativa nei termini in cui questa gli viene richiesta, stante il potere gerarchico del datore di lavoro, la sussistenza a suo carico dell'obbligazione principale di pagamento della retribuzione e, per contro, quella principale del lavoratore di rendere la prestazione lavorativa, onde, a fronte di una ritenuta dequalificazione di mansioni, il lavoratore stesso non può, in una sorta di autotutela, rifiutarsi di rendere la propria prestazione; cosicché il dipendente può agire in giudizio per far valere il proprio diritto, ma non può rifiutarsi di eseguire la prestazione richiestagli.

Infortunio sul lavoro: l’azienda è responsabile anche in caso di imprudenza del lavoratore
Cassazione n. 10465 del 21 maggio 2015

In materia di infortunio sul lavoro, la Corte di Cassazione ha chiarito che, in caso di incidente occorso nello svolgimento dell’attività del prestatore, spetta all’azienda il risarcimento del danno biologico e dell’inabilità temporanea.
Nello specifico la Suprema Corte, con la Sentenza in commento, ha precisato che l’imprudenza del lavoratore non esclude la responsabilità in concorso del datore di lavoro, il quale risulta obbligato sempre e comunque al controllo, tramite proprio personale, del rispetto delle misure in materia di salute e sicurezza sul lavoro.