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COVID-19:
lavoro agile e discrezionalità del datore di lavoro
Tribunale Grosseto, ordinanza
del 23 aprile 2020
Il
Tribunale di Grosseto, con ordinanza del 23 aprile 2020 n. 2759, si
è pronunciato in merito alla legittimità della
condotta
datoriale di rifiuto di adibizione di un lavoratore al lavoro cd. agile
nonostante tutti i colleghi del suo reparto lo fossero già
stati.
A seguito della pandemia dovuta al diffondersi del virus COVID-19, il
ricorso al lavoro agile è stato considerato una
priorità.
Per ovvie ragioni, tale modalità lavorativa non
può,
né poteva, essere imposta in via generale ed indiscriminata,
quantunque la stessa è stata, reiteratamente e fortemente,
raccomandata ed addirittura considerata modalità ordinaria
di
svolgimento della prestazione nella P.A.
Conseguentemente il Tribunale ha ritenuto che, accertata la sussistenza
delle condizioni per ricorrere al lavoro agile, il datore di lavoro non
può agire in maniera irragionevolmente od immotivatamente
discriminatoria nei confronti di questo o quel lavoratore, tantomeno
laddove vi siano titoli di priorità legati a motivi di
salute.
Infortunio
sul lavoro e risarcimento del danno
Corte di Cassazione, ordinanza n. 3282 dell'11 febbraio 2020
La
Corte di Cassazione, con ordinanza dell’11 febbraio 2020 n.
3282,
ha ribadito alcuni consolidati principi in materia di
responsabilità datoriale da infortuni, soffermandosi fra
l’altro sugli obblighi del datore di lavoro.
L’obbligo di controllo del datore di lavoro non
può essere
tale da far configurare una sorveglianza continua del lavoratore, non
potendo essere richiesto al titolare della posizione di garanzia una
persistente attività di costante verifica
dell’utilizzo
dello strumento di sicurezza.
Nel caso di specie il datore di lavoro non è stato ritenuto
responsabile in quanto il lavoratore, in occasione
dell’infortunio, nonostante indossasse la cintura a
disposizione,
aveva omesso di agganciarla al cestello, riuscendo ad eludere il
controllo del responsabile per la sicurezza che in quel momento era
presente e stava lavorando a terra.
Regolarizzazione
del rapporto contributivo e litisconsorzio necessario
Corte di Cassazione, sentenza n. 8956 del 14 maggio 2020
La
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con sentenza del 14 maggio 2020, n.
8956, si è pronunciata sul tema del litisconsorzio
necessario
dell’ente previdenziale in cause di regolarizzazione del
rapporto
contributivo.
In dette azioni il litisconsorzio con l’ente previdenziale
è necessario poiché l’obbligo datoriale
di pagare i
contributi si configura, nell’ambito del rapporto di lavoro,
come
un obbligo di facere e non già come un diritto di credito ai
contributi da parte del lavoratore.
In assenza del litisconsorzio necessario, la sentenza di condanna ad
adempiere all’obbligo contributivo, oltre a non essere
direttamente utile per il lavoratore, non avrebbe effetto alcuno verso
l’ente previdenziale.
Contestazione
disciplinare e immediatezza della sanzione
Corte di Cassazione,
sentenza n. 8803 del 12 maggio 2020
Con
sentenza del 12 maggio 2020, n. 8803, la Corte di Cassazione si
è pronunciata in merito al principio di
tempestività
della sanzione disciplinare del licenziamento.
L’immediatezza della contestazione dell’addebito va
intesa
in senso relativo – essendo compatibile con un certo
intervallo
di tempo necessario al datore di lavoro per una valutazione unitaria
delle varie inadempienze del dipendente – e non esclude,
comunque, che fatti non tempestivamente contestati possano essere
considerati quali circostanze confermative della
significatività
di altri addebiti (tempestivamente contestati) ai fini della
valutazione della complessiva gravità, anche sotto il
profilo
psicologico, delle inadempienze del dipendente e della
proporzionalità o meno del correlativo provvedimento
sanzionatorio dell’imprenditore, secondo un giudizio che deve
essere riferito al concreto rapporto di lavoro ed al grado di
affidamento richiesto dalle specifiche mansioni.
Licenziamento
illegittimo: il datore che contesta la richiesta risarcitoria deve
provare l’aliunde
perceptum
Corte di Cassazione, ordinanza n. 8801 del 12 maggio 2020
La
Cassazione Civile, Sezione Lavoro, con ordinanza 12 maggio 2020, n.
8801, si è pronunciata sul tema del risarcimento danni da aliunde perceptum
in ipotesi di licenziamento illegittimo.
Il datore di lavoro che contesta la richiesta risarcitoria pervenutagli
dal lavoratore è onerato, pur con l’ausilio di
presunzioni
semplici, della prova dell’aliunde perceptum o
dell’aliunde
percipiendum.
In senso contrario, non rileva la difficoltà di tale tipo di
prova o la mancata collaborazione del dipendente estromesso
dall’azienda, dovendosi escludere che il lavoratore abbia
l’onere di farsi carico di provare una circostanza, quale la
nuova assunzione a seguito del licenziamento, riduttiva del danno
patito e che la deduzione dell’aliunde
non integri un’eccezione in senso stretto, ben potendo essere
rilevata dal giudice anche in assenza di eccezione di parte, comunque
presupponendo l’allegazione da parte del datore di lavoro di
circostanze di fatto specifiche, sulla base di indicazioni puntuali,
essendo inammissibili richieste probatorie generiche o meramente
esplorative.
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