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GiurisprudenzaScarica PDF
Permessi per assistenza disabili ed incidenza sulla tredicesima 
Corte di Cassazione sentenza n. 15435 del 7 luglio 2014

La Corte di Cassazione si pronuncia su una questione sorta tra una lavoratrice, madre di un figlio disabile, e il datore di lavoro, in quanto questi tratteneva dalla tredicesima mensilità la quota parte relativa alle giornate di assenza per la fruizione dei permessi per l’assistenza a disabili.
Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione ha affermato che i permessi cui hanno diritto i lavoratori per assistere i figli disabili, non sono computabili ai fini delle ferie e della tredicesima solamente laddove siano fruiti in cumulo con i congedi parentali e con i congedi per la malattia del figlio.

La Sezione Lavoro ha ritenuto corretta l’interpretazione della normativa di riferimento operata dalla Corte territoriale, perché “ragioni di coerenza con la funzione dei permessi” e i principi di matrice comunitaria impongono di aderire “all’interpretazione della disposizione maggiormente idonea a evitare che l’incidenza sull’ammontare della retribuzione possa fungere da aggravio della situazione economica dei congiunti del portatore di handicap e disincentivare l’utilizzo del permesso stesso”. Una diversa lettura della norma porterebbe a limitare gli interessi tutelati dalla Legge n. 104/1992.
Rappresentatività sindacale – convocazione dell’assemblea in azienda da parte delle Rsu
Corte di Cassazione sentenza n. 15437 del 7 luglio 2014
La Corte di Cassazione ha affermato che anche un singolo componente della rappresentanza sindacale unitaria ha la facoltà d’indire l’assemblea in azienda, qualora non ci sia l’unanimità nell’organismo.
I giudici della Suprema Corte hanno precisato che tale diritto non è una prerogativa esclusiva della Rsu intesa collegialmente (vedasi artt. 4 e 5 dell’accordo interconfederale del 1993, istitutivo delle Rsu).
A giudizio della Corte va tenuto presente che prima della istituzione delle RSU, ai sensi del secondo comma dell'art. 20 della L. n. 300 del 1970, era pacifico che le RSA potessero esercitare sia singolarmente sia congiuntamente il diritto di indire assemblee poiché l'art. 4 dell'Accordo interconfederale del 1993 ha stabilito il subentro dei "componenti" delle RSU ai "dirigenti" delle RSA, si deve ritenere che i componenti delle RSU possano indire assemblee, singolarmente o congiuntamente. Dal punto di vista logico-sistematico si deve considerare che l’attribuzione del diritto di indizione delle assemblee al solo organo collegiale rischia di impedire l'esercizio del diritto stesso non soltanto ad un sindacato di minoranza, ma anche ad un sindacato di maggioranza relativa, che pur avendo una significativa componente nella RSU, non riesca, tuttavia a raggiungere la maggioranza assoluta al fine della indizione dell'assemblea.
Appalti pubblici ed esclusione per mancanza del Durc
Corte Europea di Giustizia C-358/2012 del 10 luglio 2014

La Corte Europea di Giustizia, con la sentenza in commento ha ritenuto che, in materia di appalti pubblici, sia legittima la previsione contenuta nella normativa italiana di cui al D. Lgs n. 163/2006 dell’esclusione dalla procedura di aggiudicazione della gara, dell’impresa non in regola con il pagamento dei contributi previdenziali, una volta superata una determinata soglia, definita “grave”. È da considerarsi “grave” lo scostamento tra le somme dovute e quelle versate che sia di importo superiore, al contempo ad Euro 100,00 e al 5% delle somme dovute.

Secondo la Corte, il principio di proporzionalità, discendente dal diritto di stabilimento e dai principi di non discriminazione e di tutela della concorrenza di cui agli arti. 49 (TFUE) e 56 (TFUE) non ostano con una normativa nazionale che riguardo agli appalti pubblici di lavori il cui valore sia inferiore alla soglia definita all’art. 7, c) della Direttiva 2004/18/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio, del 31 marzo 2004, come modificata dal Regolamento CE n. 1177/2009 della Commissione (pari ad Euro 4.845.000) obblighi l’amministrazione aggiudicatrice ad escludere dalla procedura di aggiudicazione di un tale appalto un offerente responsabile di un ‘infrazione in materia di versamento di prestazioni previdenziali con uno scostamento come sopra individuato.
Orario di lavoro: per la modifica serve atto scritto
Corte di Cassazione sentenza n. 16089 del 14 luglio 2014

Con la sentenza in commento la Corte di Cassazione, sezione Lavoro, accoglie il ricorso presentato dai lavoratori sul diritto alla conservazione dell'orario di lavoro.
Si evidenzia, nella decisione, che la trasformazione del rapporto di lavoro da tempo indeterminato a part-time non può essere decisa in modo unilaterale dal datore di lavoro. È necessario il consenso scritto del lavoratore, al quale non può essere applicato il licenziamento per giustificato motivo qualora rifiuti la trasformazione.
Non vale quindi la regola secondo cui i contratti o gli accordi collettivi aziendali sono applicabili a tutti i lavoratori dell'azienda, anche se non iscritti alle organizzazioni sindacali che li hanno stipulati (con l'eccezione di quei lavoratori che aderiscono ad un altro sindacato, condividendone il dissenso e che potrebbero vedersi applicata un'altra intesa). Serve un mandato specifico, un atto ratificato per modificare diritti già acquisiti dal dipendente.