GiurisprudenzaScarica
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Assunzione
per sostituzione di maternità ed esercizio dello ius variandi
Corte di
Cassazione, sentenza
31 Agosto 2017 n. 20647
La Corte di Cassazione, con sentenza n. 20647 del 31 Agosto 2017, si
è
pronunciata in merito alla possibilità di assegnare il
lavoratore assunto con
contratto a tempo determinato per sostituzione maternità a
mansioni diverse da
quelle della lavoratrice sostituita.Nel confermare tale possibilità la Suprema Corte ha ribadito che il lavoratore assunto a termine per la sostituzione di un dipendente assente con diritto alla conservazione del posto, non deve essere necessariamente destinato alle medesime mansioni e/o allo stesso posto del lavoratore assente. Pertanto, non può essere disconosciuta all'imprenditore - nell'esercizio del potere autorganizzatorio - la facoltà di disporre (in conseguenza dell'assenza di un dipendente) l'utilizzazione del personale, incluso il lavoratore a termine, mediante i più opportuni spostamenti interni, con conseguente realizzazione di un insieme di sostituzioni successive per scorrimento a catena. E’ richiesto, tuttavia, che vi sia una correlazione di tipo causale tra l'attività del sostituto e quella del soggetto sostituito, in difetto della quale si avrebbe una mera coincidenza temporale tra la sostituzione interna del dipendente assente e l'assegnazione del sostituto ad una posizione lavorativa non correlata a quella lasciata scoperta dal dipendente assente.
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Lavoro durante il periodo di malattia: legittimità del licenziamentoCorte di Cassazione, sentenza 3 luglio 2017, n. 16332La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 3 luglio 2017, n. 16332, ha confermato l’illegittimità del licenziamento intimato ad un dipendente assunto con mansioni di autotrenista il quale, durante un periodo di assenza dal lavoro per malattia, aveva svolto attività lavorative compatibili con il proprio stato di salute.
La Corte ha ribadito che l’espletamento di attività extra lavorativa durante il periodo di assenza per malattia costituisce illecito disciplinare solo se da tale comportamento derivi un pregiudizio o un ritardo nella guarigione, oppure quando la condotta violi principi di correttezza e buona fede, attraverso una simulazione dello stato di malattia.
Nel caso di specie, il lavoratore licenziato durante la malattia aveva aiutato il figlio a svolgere alcune attività presso il suo esercizio commerciale e tali mansioni erano incapaci di influire sul pieno e tempestivo recupero dell’integrità fisica tanto da incidere con effetto negativo sui tempi della guarigione. -
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Corte di Giustizia UE: modifica del contratto e configurabilità del licenziamentoCon due sentenze della Corte di Giustizia Europea relative alle cause C-149/16 e C-429/16 emesse in relazione alla normativa polacca, sono stati enunciati dei principi riguardanti la nozione di licenziamento e le modalità di rettifica delle condizioni contrattuali dei lavoratori.
In particolare, la Corte ha chiarito che la modifica - unilaterale e a svantaggio del lavoratore - degli elementi essenziali del suo contratto di lavoro per ragioni non inerenti la sua persona, rientrano nella nozione di licenziamento. Pertanto, un datore di lavoro è tenuto a procedere alle consultazioni sindacali previste in ipotesi di licenziamento collettivo qualora intenda effettuare (a sfavore di un numero di lavoratori superiore alla soglia prevista per i licenziamenti collettivi) una modifica unilaterale delle condizioni salariali che, in caso di rifiuto da parte di questi ultimi, comporta la cessazione del rapporto di lavoro.
Tali principi non hanno un impatto immediato nel nostro ordinamento ma potrebbero portare ad una lettura più ampia delle norme in materia di licenziamento collettivo, contenute nelle legge 223/1991.
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Mobbing: rilevante l’intento persecutorioCorte di Cassazione, sentenza 14 settembre 2017 n. 21328Con sentenza del 14 settembre 2017 n. 21328, la Corte di Cassazione si è pronunciata in materia di mobbing, ribadendo in presenza di quali condizioni si verifica.
Perché si possa configurare il mobbing è necessario, in particolare, che vi siano:
a) una serie di comportamenti di carattere persecutorio - illeciti o anche leciti se considerati singolarmente - che, con intento vessatorio, siano posti in essere contro la vittima in modo sistematico e prolungato nel tempo, direttamente da parte del datore di lavoro o di un suo preposto o anche da parte di altri dipendenti, sottoposti al potere direttivo dei primi;
b) l'evento lesivo della salute, della personalità o della dignità del dipendente;
c) il nesso eziologico tra le descritte condotte e il pregiudizio subito dalla vittima nella propria integrità psico-fisica e/o nella propria dignità;
d) l'elemento soggettivo, cioè l'intento persecutorio unificante di tutti i comportamenti lesivi.- -------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Demansionamento: il danno esistenziale si presumeCorte di Cassazione, sentenza 25 settembre 2017 n. 22288La Corte di Cassazione, con sentenza del 25 settembre 2017 n. 22288, si è pronunciata in merito alla risarcibilità del danno esistenziale in ipotesi di demansionamento.
In linea con gli orientamenti giurisprudenziali consolidatisi, la Corte ha chiarito che il danno non patrimoniale (che ricomprende anche il danno di tipo esistenziale), deve essere risarcito quando sia conseguenza, come nel caso di dequalificazione professionale del lavoratore subordinato, di una lesione in ambito di responsabilità contrattuale di diritti inviolabili costituzionalmente garantiti. La sussistenza di tale danno può essere provata anche a mezzo di presunzioni semplici, sulle quali il giudice può fondare in via esclusiva il proprio convincimento.
Nella fattispecie sono stati nel demansionamento ravvisati degli indici presuntivi sulla presenza del danno c.d. non patrimoniale di tipo c.d. esistenziale, quale la lesione alla dignità personale ed al prestigio professionale.