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NOVEMBRE 2013
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Giurisprudenza Scarica PDF
Valida la mobilità nonostante l’assunzione successiva di personale di pari qualifica
Cassazione n. 24990 del 6 novembre 2013
In tema di licenziamento collettivo, la Corte di Cassazione ha statuito la legittimità della procedura di mobilità che si risolve nella soppressione di un reparto dell’azienda, con esternalizzazione del servizio gestito da una società economicamente collegata al datore.
Nello specifico la Suprema Corte ha chiarito che la comunicazione di avvio della procedura collettiva ha piena validità, a nulla rilevando l’assunzione successiva di lavoratori di pari qualifica a quelli posti in mobilità, in quanto detta comunicazione non può prevedere le esigenze future che determinano un ampliamento degli organici, né deve motivare l’impossibilità del ricorso ai contratti di solidarietà.
Licenziamento: l’obbligo di repechage è assolto solo con la proposta formale
Cassazione n. 25607 del 14 novembre 2013
In materia di licenziamento, la Corte di Cassazione ha chiarito che il datore di lavoro il quale provveda a comminare il licenziamento al dipendente, indipendentemente dalla legittimità del provvedimento espulsivo, non potrà sostenere di aver rispettato l’obbligo di repechage qualora non abbia formalizzato la proposta di un’altra mansione al lavoratore.
Nello specifico la Suprema Corte ha precisato che ai fini del rispetto dell’obbligo di repechage non può ritenersi sufficiente la generica proposta al lavoratore di occupazione in caso di "eventuali futuri lavori". L’indicazione non specifica non assolve all’incombenza posta dalla legge a carico dell’impresa, la quale è tenuta ad indicare specificamente l’eventuale nuova destinazione del prestatore.
Reato utilizzare un finto distacco per eludere il divieto di subappalto
Cassazione n. 46180 del 18 novembre 2013
La Corte di Cassazione, Sezione Penale, con la Sentenza n. 46180 del 18 novembre 2013 afferma che è reato utilizzare un finto distacco al fine di eludere il divieto di subappalto. Nella fattispecie un imprenditore, vincitore di un appalto, è stato arrestato per aver utilizzato il personale specializzato di un’altra azienda (fornendo come pretesto al distacco la formazione per l’apertura di un futuro cantiere) al fine di eludere il divieto di subappalto. L’azienda vincitrice dell’appalto non aveva, infatti, il know how per portare a termine l’opera e, pertanto, non ha potuto dare alcuna informazione professionale ai lavoratori, peraltro specializzati, dell’impresa distaccante.
Registrare le conversazioni dei colleghi per provare il mobbing è causa di licenziamento
Cassazione n. 26143 del 21 novembre 2013
La Corte di Cassazione, con la Sentenza n. 26143 del 21 novembre 2013, ha legittimato il licenziamento del lavoratore che registrava le conversazioni dei colleghi per provare il mobbing messo in atto, a suo dire, dai suoi stessi colleghi.
Esaminando il caso di specie, la Suprema Corte ha ritenuto fondato il motivo addotto dall’azienda nel provvedimento espulsivo: il venir meno del rapporto fiduciario tra il datore di lavoro e il lavoratore per la violazione del diritto di riservatezza dei colleghi, nonché la mancanza di collaborazione creatasi all’interno dell’equipe medica cui faceva parte il lavoratore, sono ragioni sufficienti per giustificare il licenziamento.
In sostanza la Corte di merito ha spiegato che le risultanze processuali avevano dato ampia contezza del fatto che il lavoratore aveva mostrato di aver tenuto un comportamento tale da integrare una evidente violazione del diritto alla riservatezza dei suoi colleghi, avendo registrato e diffuso le loro conversazioni intrattenute in un ambito strettamente lavorativo alla presenza del primario ed anche nei loro momenti privati svoltisi negli spogliatoi o nei locali di comune frequentazione, utilizzandole strumentalmente per una denunzia di mobbing, rivelatasi, tra l’altro, infondata.