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DICEMBRE 2013
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Giurisprudenza Scarica PDF
Assenza per malattia e svolgimento di altra attività lavorativa, le condizioni per la legittimità del licenziamento
Cassazione n. 24709 del 4 novembre 2013
Il principio secondo cui lo svolgimento di altra attività lavorativa da parte del dipendente assente per malattia può giustificarne il licenziamento trova il suo presupposto o nella circostanza che l'attività esterna sia di per se sufficiente a far presumere l'inesistenza della malattia, o anche che la medesima attività, misurata con riferimento alle mansioni svolte, possa pregiudicare o ritardare la guarigione ed il rientro in servizio.

Lo ha ribadito in una recente sentenza la Corte di Cassazione ritenendo pertanto incensurabile la pronuncia con la quale il giudice del merito, in riforma della decisione di primo grado, aveva dichiarato illegittimo il licenziamento intimato dal datore di lavoro ad un lavoratore a seguito di una contestazione con la quale era stato addebitato al dipendente di essere presente in una determinata giornata presso l'esercizio commerciale della moglie durante il periodo di malattia. Il giudice di appello ha affermato che, sulla base della contestazione fatta al lavoratore, nei giudizi di merito non era affatto emerso quale attività in concreto avesse svolto quest'ultimo, sicché non era stato possibile valutare la condotta dallo stesso tenuta come compatibile o meno con l'infermità giustificativa dell'assenza del lavoratore.
Scaricare programmi non autorizzati non giustifica il licenziamento
Cassazione n. 26397 del 26 novembre 2013
Il dipendente che installa un noto programma per condividere e scaricare illecitamente musica e film da internet sul computer aziendale non può essere legittimamente licenziato dall’azienda, qualora nelle regole di policy aziendale il provvedimento espulsivo sia solo una delle possibili conseguenze della condotta illecita del lavoratore.
Inoltre, precisa la Corte di Cassazione nella Sentenza, l’addebito contestato al lavoratore dall’azienda è troppo generico per poter valutare correttamente la gravità dei fatti contestati al dipendente, nonostante l’attività di peer to peer esponga il pc aziendale all’accesso dall’esterno. Il licenziamento deve essere motivato dalla contestazione di fatti ed elementi, che consentano di valutare la gravità delle azioni poste in atto dal dipendente: in mancanza la sanzione deve essere conservativa.
Illegittimo il licenziamento di una dipendente neo sposa durante il primo anno di nozze
Cassazione n. 27055 del 3 dicembre 2013
In tema di licenziamento per giustificato motivo oggettivo, i Giudici della Suprema Corte hanno stabilito l’illegittimità del provvedimento espulsivo della lavoratrice entro un anno dal matrimonio. Il licenziamento non può neppure essere giustificato da ragioni di ristrutturazione e di ridimensionamento dell’organico essendo la deroga al divieto ammessa solo in caso di cessazione dell’attività.
La garanzia assicurata dalla Legge n. 7 del 1963 ha la stessa finalità della Legge n. 1024 del 1971 che impedisce il licenziamento della lavoratrice madre. Poiché si tratta di provvedimenti che tendono a rafforzare la tutela della lavoratrice in momenti di passaggio “esistenziale” particolarmente importanti, alla lavoratrice non è neppure richiesto di provare il carattere discriminatorio del licenziamento, mentre spetta al datore di lavoro dimostrare il contrario.
Licenziamento illegittimo per mancata reperibilità in periodo feriale
Cassazione n. 27057 del 3 dicembre 2013
La Cassazione ha affermato l’illegittimità di un provvedimento di licenziamento adottato da un Ente Pubblico nei confronti di un dipendente resosi irreperibile (con impossibilità ad essere richiamato) durante un periodo di ferie. Il recesso, secondo l’Ente, trovava il proprio fondamento nell’art. 23 del contratto di comparto e nell’art. 18 del CCNL.
La Suprema Corte ha affermato che la lettura dei due articoli contrattuali non era esatta, in quanto è ben vero che il lavoratore ha l’obbligo di comunicare la propria residenza, se diversa dalla dimora abituale (necessaria per inviare eventuali comunicazioni), ma ciò si arresta di fronte alle ferie che sono un bene costituzionalmente garantito che si coniuga con la privacy che abilità il lavoratore ad andare dove vuole per recuperare le proprie energie psico-fisiche, cosa difficile se, quotidianamente, si debbono indicare le coordinate per esser reperibile. Ma anche la lettura dell’art. 18 del CCNL è sbagliata in quanto il datore può ben revocare e spostare in avanti le ferie, ma lo deve fare prima che queste inizino.
Cessione di ramo d’azienda con lavoratori in cassa integrazione
Cassazione n. 27277 del 5 dicembre 2013
La Corte di Cassazione ha escluso che sussista la frode alla legge nel caso in cui si ponga in essere una cessione di ramo d’azienda che comprende lavoratori in cassa integrazione, laddove il ramo ceduto configuri da sempre un’entità economico ben distinta ed autonoma rispetto al resto dell’azienda e la cessione sia volta anche a conservare i posti di lavoro, anziché procedere con un licenziamento collettivo.
I giudici di legittimità hanno precisato che il trasferimento avente ad oggetto il ramo d’azienda rientra nelle soluzioni alternative per far fronte alla crisi, previste dalla Legge n. 223/1991 e a nulla valgono le obiezioni dei lavoratori, volte a far accertare l’insussistenza dl licenziamento, stante il fatto che la loro storia lavorativa presso l’azienda è interamente legata al ramo d’azienda ceduto, il che conferma l’indipendenza funzionale del ramo stesso.
Diritto al trasferimento per l’assistenza continuativa al familiare disabile
Cassazione n. 28320 del 18 dicembre 2013
Secondo la Corte di Cassazione, qualora il lavoratore presti assistenza continuativa al familiare disabile non convivente, lo stesso ha il diritto ad ottenere il trasferimento ad una sede di lavoro più vicina alla località in cui vive il congiunto. Infatti, la convivenza non costituisce un requisito per il godimento dell’agevolazione.
Nello specifico la Suprema Corte ha precisato che il diritto del familiare lavoratore, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado disabile, di scegliere, ove possibile, un posto di lavoro non lontano da dove risiede il congiunto portatore di handicap (art. 33, Legge n. 04/1992), sussiste non solo all’atto dell’assunzione, ma anche nel corso del rapporto di lavoro che si esercita mediante domanda di trasferimento.