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L’adunanza plenaria del Consiglio di Stato, con le sentenze 29 febbraio 2016 n. 5 e n. 6, ha affermato il principio della irrilevanza della regolarizzazione postuma in caso di Durc negativo. Anche dopo l’entrata in vigore dell’articolo 31, comma 8, del Decreto legge 21 giugno 2013 n. 69, (Disposizioni urgenti per il rilancio dell’economia), convertito con modificazioni dalla Legge 9 agosto 2013, n. 98, non sono consentite regolarizzazioni postume della posizione previdenziale. L’impresa, infatti, deve essere in regola con l’assolvimento degli obblighi previdenziali ed assistenziali fin dalla presentazione dell’offerta e conservare tale stato per tutta la durata della procedura di aggiudicazione e del rapporto con la stazione appaltante. E’ irrilevante un eventuale adempimento tardivo dell’obbligazione contributiva.
La Corte di Cassazione ha statuito che la mancata indicazione della distribuzione dell’orario di lavoro part-time nel contratto di lavoro, in presenza di un orario settimanale pari sempre a 20 ore svolte in turni variabili, non comporta la trasformazione automatica del rapporto in un contratto a tempo pieno. Né, di conseguenza, il lavoratore ha diritto alla retribuzione per le ore di “disponibilità” in attesa della collocazione dei turni. La Suprema Corte sottolinea che “la mancata predeterminazione di un orario rigido non comporta l’automatica trasformazione del rapporto part time in rapporto a tempo pieno, né la nullità della clausola relativa all’orario di lavoro si estende all’intero contratto, a meno che non si provi che i contraenti non avrebbero concluso il contratto senza quella parte del suo contenuto colpita da nullità; ne consegue che, in tale ipotesi, deve ritenersi perdurante il rapporto di lavoro part time, sia pure senza specificazione dell’orario rigido".
La
Corte di Cassazione ha affermato che la messa a disposizione, da parte
del datore di lavoro, dei Dispositivi di Protezione Individuale (DPI) e
la successiva formazione sulla sicurezza, non esime quest’ultimo
dalla responsabilità in caso di infortunio accorso al
lavoratore, qualora non abbia vigilato sull’utilizzo effettivo,
da parte dei dipendenti, degli stessi DPI messi a disposizione.
I giudici della Suprema Corte hanno evidenziato come l’alta
professionalità del lavoratore e la semplicità delle
operazioni che questi deve effettuare, e che hanno portato
all’evento infortunistico, non esonera il datore di lavoro dalla
vigilanza su tutte le attività svolte in azienda.
In particolare, la sorveglianza del datore di lavoro (ovvero dei suoi
dirigenti e preposti), per quanto non necessariamente continua e
costante, con una presenza fisica del controllore accanto al
lavoratore, deve sostanzialmente concretizzarsi in una efficace
vigilanza generica, intesa ad assicurarsi, nei limiti dell’umana
efficienza, che i lavoratori seguano le disposizioni di sicurezza
impartite e utilizzino gli strumenti di protezione prescritti.
La
Corte di Cassazione ha affermato la legittimità del
licenziamento per giusta causa comminata dal datore di lavoro nei
confronti del lavoratore che, una volta ricevuta l’ennesima
sanzione disciplinare, si rivolge all’amministratore
dell’azienda con espressioni dal tono minaccioso e dal contenuto
scortese.
I giudici della Suprema Corte hanno evidenziato come il nervosismo
scaturito dalla ricezione della sanzione disciplinare, non può
giustificare la condotta irriverente nei confronti del proprio datore
di lavoro.