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La
Corte di Cassazione, con sentenza n. 16214 del 4 agosto 2016, ha
chiarito che il patto di prova deve essere accettato e firmato dal
dipendente per iscritto, pena l’invalidità
dell’eventuale licenziamento intimato alla scadenza del
relativo
periodo con contestuale reintegra sul posto di lavoro del lavoratore
licenziato. Inoltre, continuano i Supremi Giudici, il periodo di prova
non può essere prorogato in costanza di rapporto,
poiché
la sua durata può essere definita solo dal contratto di
assunzione. Il datore di lavoro, pertanto, non può recedere
dal
rapporto una volta terminato il periodo di prova inizialmente stabilito
e successivamente oggetto di proroga sottoposta alla dipendente e da
questa accettata solo verbalmente.
Ricorda poi La sentenza che il licenziamento per mancato superamento
della prova è valido solo se siano specificate nel contratto
dio
assunzione le mansioni del lavoratore.
La
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con sentenza n.15989 del
1°
agosto 2016, ha ricordato che non sussiste, durante il periodo di
assenza per malattia, un divieto assoluto di prestare una diversa
attività professionale a favore di terzi, purché
tale
attività non comprometta la guarigione del lavoratore nel
più breve tempo possibile.
Risulta quindi opportuno svolgere un accertamento in concreto diretto a
verificare la patologia sofferta dal dipendente e la nuova
attività professionale resa durante la malattia.
Alla luce di quanto sopra si realizza una giusta causa di licenziamento
solo qualora si dimostri che il lavoratore abbia agito fraudolentemente
in danno del datore di lavoro, simulando la malattia per assentarsi per
poter svolgere un lavoro diverso o lavorando durante
l’assenza
con altre imprese concorrenti, oppure qualora si dimostri che lo stesso
lavoratore, anziché collaborare al recupero della salute per
riprendere nel più breve tempo possibile la sua
attività,
abbia compromesso o ritardato la propria guarigione strumentalizzando
il diritto al riposo per trarne un reddito di lavoro diverso in
costanza di malattia e in danno del proprio datore di lavoro.
La
Corte di Cassazione, sezione Lavoro, con sentenza n. 17091 del 12
agosto 2016, in contrasto con precedenti decisioni, ha precisato che
nell’ambito del rito Fornero è possibile proporre
non solo
domande aventi ad oggetto un’impugnativa di licenziamento, ma
anche il trattamento di fine rapporto e
l’indennità di
mancato preavviso.
In precedenza la suprema Corte si era orientata in senso contrario,
sostenendo che nel rito Fornero le predette domande non potessero
formare oggetto del ricorso.
La
Corte di Cassazione, con sentenza n. 17234 del 22 agosto 2016, ha
confermato che in assenza di Rsa o Rsu, la comunicazione di avvio della
procedura di licenziamento collettivo collettiva non va limitata ai
sindacati presenti nel Comune.
E’ stato, quindi, dichiarato illegittimo il licenziamento
collettivo la cui comunicazione di procedura non è stata
trasmessa a tutte le associazioni sindacali maggiormente
rappresentative.
Gli obblighi di sicurezza in materia di
appalto ricadono sia sul committente che sull’appaltatore.
Tuttavia la Corte di Cassazione, con la sentenza n. 35185 del 22 agosto
2016, ha precisato che al fine di configurare una eventuale
responsabilità del committente si deve verificare se la sua
condotta ha, in concreto, contribuito a determinare l’evento
rispetto alle capacità organizzative della ditta scelta ed
alle
specificità dei lavori da eseguire, ai criteri seguiti dallo
stesso committente per la scelta dell’appaltatore o del
prestatore d’opera, nonché alla agevole e
immediata
percepibilità da parte del committente di situazioni di
pericolo.
La
Sezione Lavoro della Corte di Cassazione, con sentenza in oggetto, ha
affermato che la tardiva presentazione della domanda di
indennità di mobilità comporta la decadenza del
diritto
all’intera prestazione, e non solo dei ratei di
indennità
già scaduti prima della presentazione della domanda. Il
cattivo
stato di salute del lavoratore richiedente, inoltre, non costituendo
causa di forza maggiore, non può evitare il decorso della
decadenza dal diritto alla prestazione.