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DICEMBRE 2015
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Legittimo il licenziamento per ingiurie e insubordinazione
Cassazione sentenza  5 novembre 2015, n. 22611

La Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, con sentenza 5 novembre 2015, n.22611, ha ritenuto legittimo il licenziamento del lavoratore che non adempie alle indicazioni del superiore e si rende protagonista di un acceso diverbio, con tanto di ingiurie, in presenza di altri colleghi. In caso di licenziamento per giusta causa, ai fini della proporzionalità tra fatto addebitato e recesso, viene in considerazione ogni comportamento che, per la sua gravità, sia suscettibile di scuotere la fiducia del datore di lavoro e di far ritenere che la continuazione del rapporto si risolva in un pregiudizio per gli scopi aziendali, dovendosi ritenere determinante, a tal fine, l’influenza che sul rapporto di lavoro sia in grado di esercitare il comportamento del lavoratore che denoti una scarsa inclinazione ad attuare diligentemente gli obblighi assunti, conformando il proprio comportamento ai canoni di buona fede e correttezza.

Licenziamento per giusta causa: il CCNL non basta  
Cassazione sentenza  7 dicembre 2015, n. 24809

Secondo la Cassazione, il giudice deve, stante l'inderogabilità della disciplina dei licenziamenti, comunque verificare, anche prescindendo dalle previsioni del contratto collettivo, aventi natura meramente esemplificativa, la riconducibilità del fatto addebitato alla nozione di giusta causa di cui all'art. 2119 c.c., stabilendo, anche in ossequio al principio generale di ragionevolezza e di proporzionalità, se questo sia di entità tale da legittimare il recesso, tenendo conto altresì dell'elemento intenzionale che ha sorretto la condotta del lavoratore.
A tale stregua il giudice del merito è tenuto a valutare il comportamento, pur articolato in una pluralità di condotte, fatto oggetto di unitaria contestazione ai fini della verifica, in relazione alle caratteristiche oggettive e soggettive dello stesso, della permanenza del vincolo fiduciario ovvero della perdurante possibilità per il datore di affidamento sull'esattezza dell'adempimento delle prestazioni future.
Secondo la Cassazione, la giusta causa di licenziamento deve rivestire il carattere di grave negazione degli elementi essenziali del rapporto di lavoro e, in particolare, dell'elemento fiduciario, dovendo il giudice valutare:
-    da un lato, la gravità dei fatti addebitati al lavoratore, in relazione alla portata oggettiva e soggettiva dei medesimi, alle circostanze nelle quali sono stati commessi e all'intensità del profilo intenzionale,
-    dall'altro, la proporzionalità fra tali fatti e la sanzione inflitta, per stabilire se la lesione dell'elemento fiduciario, su cui si basa la collaborazione del prestatore di lavoro, sia tale, in concreto, da giustificare la massima sanzione disciplinare.

Quale evento che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto, la giusta causa di licenziamento integra una clausola generale, che richiede di essere concretizzata dall'interprete tramite valorizzazione dei fattori esterni relativi alla coscienza generale e dei principi tacitamente richiamati dalla norma, quindi mediante specificazioni che hanno natura giuridica e la cui disapplicazione è deducibile in sede di legittimità come violazione di legge, mentre l'accertamento della ricorrenza concreta degli elementi del parametro normativo si pone sul diverso piano del giudizio di fatto, demandato al giudice di merito e incensurabile in cassazione se privo di errori logici e giuridici.

Contributi Inps: non serve un esposto dettagliato 
Cassazione sentenza 10 dicembre 2015, n. 24946

È sufficiente una denuncia non particolarmente circostanziata da parte del dipendente all’Inps, e non anche al datore di lavoro, per far scattare il periodo di prescrizione decennale per mancato versamento dei contributi.
La Corte è stata chiamata a decidere su una vicenda che ha visto contrapposti l’Inps e un’azienda a cui sono state inviate delle cartelle esattoriali conseguenti la contestazione per il mancato versamento di contributi per straordinari parzialmente “in nero” e l’illegittimo utilizzo della cassa integrazione ordinaria in più periodi e per alcuni dipendenti.
Rifacendosi a due precedenti sentenze di Cassazione la Corte ha precisato che il termine di 5 anni, introdotto dalla legge 335/1995, si applica salvo denuncia da parte del lavoratore o dei suoi superstiti e che la denuncia va presentata all’Inps, senza obbligo di notifica al datore di lavoro.
In presenza di una denuncia, inoltre, il termine decennale al posto di quello quinquennale non si applica solo «all’oggetto specifico di denuncia, essendo sufficiente che il lavoratore si dolga... dell’inosservanza degli obblighi di legge, domandando così un intervento degli organi deputati al controllo e alla repressione che non può certo ritenersi circoscritto ai riferimenti contenuti in denuncia».
Di conseguenza la sentenza della Corte d’appello è stata cassata dai giudici di legittimità e rinviata ad altro magistrato, che dovrà riesaminare la controversia secondo questo principio di diritto: «...ai fini dell’applicazione del termine di prescrizione ordinaria decennale è sufficiente che il lavoratore abbia presentato una propria denuncia all’Inps, relativa all’omissione contributiva del datore di lavoro, non essendo necessario che, ai fini del più lungo termine di prescrizione, la denuncia abbia un contenuto specifico e tecnicamente precisato».

Datore non responsabile dell’incidente del lavoratore se non individuata la situazione generativa del rischio 
Cassazione sentenza n. 25395 del 17 dicembre 2015

In tema di infortunio sul lavoro, la Corte di Cassazione ha statuito che il datore di lavoro non può essere ritenuto responsabile per l’incidente occorso al lavoratore, senza che sia accertato che lo stesso sia riconducibile alla violazione di uno specifico obbligo di sicurezza o alla mancata predisposizione di idonee misure preventive.
Con la Sentenza n. 25395 del 17 dicembre 2015, la Suprema Corte ha chiarito che, ai fini della responsabilità del datore ai sensi dell’art. 2087 c.c., è necessaria l’individuazione della situazione generativa del rischio, in quanto indispensabile e preliminare alla verifica del rispetto delle misure di protezione richieste relativamente alle condizioni dei luoghi di lavoro.